Confprofessioni, occupazione: non basta il restyling dei contratti, serve una cura choc

Non basta un semplice restyling dei contratti a termine o dell'apprendistato, per invertire la drammatica dinamica della disoccupazione giovanile occorre una cura choc, azzerando i contributi e ridurre il costo del lavoro per chi crea occupazione vera. Parallelamente bisogna intervenire con una profonda revisione di tutto l'impianto della riforma Fornero". Con queste parole, il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, commenta le ipotesi allo studio del Governo per fronteggiare l'emergenza lavoro.
Numerosi i punti controversi della legge Fornero segnalati da Confprofessioni. "Le attuali disposizioni sono orientate a uno scambio tra una minore "rigidità in uscita" e una minore "flessibilità in entrata" che potrebbe anche andare bene per le grandi industrie coinvolte nella revisione dell'art. 18, ma risultano completamente sbilanciate per le imprese di piccole dimensioni, tra cui gli studi professionali che occupano mediamente 2,7 dipendenti, dove le modifiche introdotte alla disciplina della reintegrazione nel rapporto di lavoro sono praticamente nulle".
Tra le ipotesi allo studio del Governo si fa riferimento ai contratti a termine e alla necessità di ridurre per legge gli stacchi temporali. "Sicuramente è un fatto positivo ma è evidente che non è questo il punto determinate per il rilancio dell'occupazione. Le Parti sociali avevano tra l'altro la possibilità di intervenire ma ben pochi si sono mossi in questa direzione. La riforma Fornero ha allungato i tempi di intervallo tra un contratto a termine e l'altro, senza però garantire la stabilizzazione dei lavoratori, aumentando al contrario fenomeni di turnover tra gli stessi, danneggiando proprio quei lavoratori che si volevano proteggere e quindi producendo fenomeni distorsivi rispetto agli obiettivi della norma" aggiunge il Presidente di Conprofessioni.
"Fortunatamente, la legge ha stabilito che i contratti collettivi potessero prevedere, stabilendone le condizioni, la riduzione di tali intervalli di tempo e su questo fronte gli studi professionali sono al riparo" continua Stella. "Il 28 novembre 2012 Confprofessioni insieme alla controparte sindacale ha stipulato un accordo che ha introdotto per i lavoratori del comparto professionale la riduzione dei termini: fino a 20 giorni in caso di contratti di durata inferiore a 6 mesi; fino a 30 giorni in caso di contratti di durata superiore".
"Il rafforzamento dell'apprendistato che è anche segnalato come obiettivo dai saggi, considerando che il ricorso a questo istituto rappresenta una quota marginale delle nuove assunzioni (2,8%) e sulla base dei dati ministeriali vi è un calo del 3% tra il quarto trimestre 2012 e lo stesso periodo del 2011. C'è poi un problema applicativo lamentato dalle strutture produttive con le Regioni che, in base al Titolo V, hanno la competenza sulla formazione e possono stabilire percorsi differenti in materia con conseguenti incertezze".